E SE…FOSSI NATO A TRICASE? LABORATORIO AUDIOVISIVO E DI RICERCA TEATRALE.PERCEZIONE E (RI)COSTRUZIONE DELLA REALTA’.
Laboratorio condotto da: Giovanni Probo
Dal 16 Settembre 2013 al 23 Novembre 2013
Installazione Audiovisiva + Spettacolo finale: 24 novembre 2013 – “ACAIT HORROR SUITE”
PREMESSA:
E se… fossi nato a Tricase? Vuol essere “pensiero” libero e costruttivo, una riflessione su quanto il contesto in cui si vive possa condizionare la propria realizzazione e sulle difficoltà a perseguirla nella realtà odierna; uno stato d’animo ormai diffuso, la convinzione che nel nostro territorio valore e merito non bastino a soddisfare le proprie aspirazioni e la sensazione che nulla sia cambiato rispetto al passato; ciò innesca un altro tema caldo che è quello della fuga dalla propria terra come via per la realizzazione.Ma se scappare non è la soluzione, bisogna adoperarsi per diventare cervelli in lotta e non in fuga, sempre!
L’obiettivo è quello di iniziare a percepire, immaginare e (ri)costruire il territorio di riferimento cominciando col descrivere una mappa audiovisiva di comunità riscoprendo e registrando “suoni e visioni”, partendo da uno studio di antropologia sonora e attraverso un percorso di ricerca, smontaggio e rimontaggio della realtà immaginare, mettere in scena e proporre il futuro dei luoghi, scavalcando la classica e consequenziale percezione orizzontale della dimensione temporale(passato-presente-futuro) fino ad arrivare a comprenderla in senso perpendicolare di eterno presente.
Nel laboratorio avviene un “libero” processo di ricerca e sviluppo, nella direzione di un cambiamento.Sono le tappe principali del processo dinamico che si compie attraverso il laboratorio:Ricercare il linguaggio dei luoghi, i suoni, le visioni, il contatto autentico con sé, gli altri, la natura.Frantumare la maschera fissa e stereotipata della quotidianità, immedesimarsi in altro da sé;Ciò equivale a fare vuoto interiore per giungere alla possibilità di percepire e (ri)costruire la realtà con gli occhi dell’anima in modo da stimolare la sorgente creativa interiore.
RELAZIONE FINALE:
Il laboratorio è stato un momento e un luogo determinante nel concretizzare un processo creativo, attraverso lo studio delle influenze culturali nei meccanismi percettivi della decodifica e interpretazione delle immagini, dei suoni, delle cose e dei gesti in un determinato contesto sociale, dove il corsista attraverso un percorso di smontaggio e rimontaggio dei significati rispetto ai significanti ha preso coscienza dell’in-significanza delle cose e dei gesti se non in funzione di un complesso sistema di credenze, di pratiche rituali, di attribuzioni simboliche associate al proprio contesto storico-culturale e nel senso dell’individuazione del proprio posto e ruolo, rispetto a questo, nella dimensione spazio-temporale della realtà così percepita, a volte senza avere uno scopo ben preciso, quale può essere la produzione di uno spettacolo.
Il laboratorio, in definitiva è stato, prima di divenire spettacolo, “microchirurgia del senso” e “analisi plastica”(dell’organizzazione autonoma del piano espressivo di un segnale sonoro e visivo), attraverso unaricerca semiotica della pre-espressività e della espressività dei diversi linguaggi, dei luoghi e dei fatti accaduti, realizzata non tanto sul piano della manifestazione esplicata ma su quello di una realtà implicita.Un percorso teatrale sperimentale e di ricerca che ha privilegiato una metodologia di lavoro, in cui non spetta più solo al regista o al commediografo trasmettere emozioni e passione ma dove la creatività e capacità di ogni partecipante si fanno doti concrete, atte ad esprimere emozioni, a raccontare la storia dei luoghi e a dare vita ai personaggi.
Questi aspetti, sono stati la base degli obiettivi del laboratorio teatrale, e si può affermare che nella nostra società lo spazio scenico, inteso quale luogo di improvvisazione creativa è, senza dubbio, un’occasione per ridare validità al processo teatrale rispetto al prodotto: grazie ad esso infatti, chi vuole fare un percorso di ricerca, lo può fare attraverso la propria potenza espressiva, valorizzando le proprie qualità individuali.
La metodologia usata nel laboratorio, infatti, è stata quella di avvicinarsi alla storia dei luoghi attraverso un percorso emozionale e di “non-memoria”.In questo senso, nella società dell’informazione, la possibilità di trascendere il senso comune per riscoprire l’impulso creativo dell’anima di ciascuno, assume, per ciascuna persona partecipante una forte connotazione di libertà di pensiero e scambio di idee.Una metodologia, che ha fatto della diversità di ciascuno un elemento fondamentale dal quale trarre spunto, per perfezionare la rappresentazione della realtà attraverso lo smontaggio dei testi, realizzati dai corsisti, in un evento poco codificato, ma potenzialmente denso di archetipie in-significatiliberamente creabili e in-interpretabili da parte dei fruitori finali.
In questa direzione, diventa sempre più necessaria e importante nella società, sempre più anonima e spersonalizzata del duemila, in cui anche luoghi densi di memoria tendono ad essere trasformati in “non-luoghi”, la proposta di luoghi identificabili con quelli di un laboratorio teatrale, momento per eccellenza dove l’intervento “con” le persone e non “sulle” persone, é la condizione indispensabile per riconsegnare a queste, attraverso un percorso progettuale, il senso del protagonismo nella ricostruzione delle “memorie” all’interno della società;
Quanto esposto sopra ci ha portato, infine, il desiderio di “condividere” il percorso svolto attraverso la realizzazione di una installazione Artistica e la messa in (o)scena dello spettacolo “ACAIT HORROR SUITE”.
ACAIT HORROR SUITE è uno spettacolo di teatro sperimentale e di ricerca sui luoghi, sulle persone e sui fatti dell’ex manifattura tabacchi a Tricase.
È uno spettacolo quasi senza trama, spesso sono solo la musica e le immagini che fanno da registro unitario per lasciare che la mente spazi in un’area più libera;è il risultato di un percorso emozionale e su considerazioni e riflessioni di carattere universale, sviluppatosi all’interno del laboratorio:“E se…fossi nato a Tricase?laboratorio audiovisivo e di ricerca teatrale.Percezione e (ri)costruzione della realtà”, svolto nei locali dell’ex A.C.A.I.T a Tricase.
Lo spettacolo non si limita alla «illustrazione» di un testo a monte, peraltro assente, ma utilizza la “scrittura di scena”, l’attore come estensione organica della “macchina attoriale” con i diversi elementi che concorrono all’evento spettacolare (la scena e più in generale lo spazio, il suono ovvero parola, rumori e musica, il gesto, le immagini, i video, gli oggetti eccetera) modificandone e valorizzandone l’autonoma forza poetica e in-significante, e le diverse materialità e linguaggi.
Un teatro del dire e non del detto, fare “teatro del già detto” sarebbe stato un ripetere a memoria le parole di altri senza creatività.È l’attore, con la scrittura di scena, a fare teatro hic et nunc.
Il testo, nel percorso di ricerca, ha il medesimo valore di altri elementi come le luci, le musiche,i suoni,i rumori, le quinte, il video, e l’attore ne è anche l’artefice;In questo sta forse il principale pregio in contrapposizione con una visione più tradizionale del teatro e dei percorsi di ricerca in genere, cioè la capacità di creare diversi livelli di significato senza subordinare la creazione ad un senso univoco;esprime e rappresenta il superamento della psicologia, la supremazia dello “sguardo che ascolta”, e la creazione di un rapporto privilegiato con il fruitore.L’enigmaticità e l’opacità del segno riverbera le preoccupazioni della filosofia analitica e della riflessione su alcuni aspetti del pensiero: il rapporto tra significante e significato.
L’installazione audio-visiva, che fa da prologo allo spettacolo ed accoglie il pubblico come in una sorta di foyer animato, rispecchia tutta la filosofia del laboratorio e dello spettacolo descritta fin qui; una serie di immagini, simboli, parole e suoni più o meno semplificate e più o meno direttamente legate ai pensieri, che dunque simulano il processo della coscienza.
Un processo di in-comunicazione così immaginato e realizzato,incomprensibile per definizione utilizzando i canonici metri di significazione, risulta prodigiosamente fruibile da tutti e comprensibile tout-court su un piano di ascolto diverso, essendo tutto affidato ai significanti e non al senso o al significato, anche da persone che parlano lingue diverse, poiché la babele linguistica viene risolta tutta nelle emozioni dei singoli suoni(che comprende anche la musica e il dire) e delle immagini-visioni , e non nel senso.
Lo spettacolo va visto nella sua totalità;è privo di interpretazioni ed è in-interpretabile.Qualsiasi interpretazione ne decreta la fine, ed il fallimento della capacità dello spettatore di essere posseduto nel suo abbandono a teatro.
Soltanto essendo “posseduti” dallo spettacolo si scava nell’inconscio collettivo della comunità ed affiorano, ricordi e memorie nella loro più totale, e a volte tragica e orribile, genuinità.